lunedì 24 dicembre 2007

Spirito natalizio
















"Tutti quei lieti piccoli elfi
possono andare a impiccarsi"
(Bob Dylan, Huck's Tune)

Video Bob Dylan - Huck's Tune (filmato tanto amatoriale e volenteroso da fare tenerezza!)



Postilla: se andate a leggere bene la firma nell'illustrazione, potete scoprire che si tratta di uno studio del Grinch ad opera nientemeno che del grande Chuck Jones. Consideratelo il mio regalo natalizio a voi gentili lettori!

mercoledì 19 dicembre 2007

Happy Christmas Your Arse!
















Fairytale of New York
è una delle poche canzoni natalizie che non faccia peggiorare la mia attitudine verso le feste, che in genere accolgo con un astio degno del Grinch o di Ebenezer Scrooge. Piccina nel cuore resta la speranza che alla fine del film possa anch'io redimermi e scoprire "il vero significato del Natale. E invece no, non succede mai. Mettendo da parte le note autobiografiche, in questi giorni si torna a parlare del brano del 1988 cantato dai Pogues insieme alla sfortunata Kirsty MacColl (morì in un incidente in mare poco dopo aver raggiunto il grande successo con In These Shoes, ricordate? "No me gusta caminar..."). BBC Radio1 aveva infatti provato a mandarlo in onda in radio in una versione nella quale erano censurate parole come slut e faggot. Una sorta di sollevazione popolare ha fatto in modo che la radio inglese tornasse saggiamente sui suoi passi.
La mia traduzione:

Fiaba di New York
Era la vigilia di Natale
Nella cella di custodia
Un vecchio mi disse: “Non ne vedrò un altro”
E quindi mi cantò una canzone
“The Rare Old Mountain Drew”
Mi sono girato dall’altra parte
E ho pensato a te.
Ne ho preso uno fortunato
Lo davano diciotto a uno
Ho una sensazione
È l’anno buono per me e per te
Perciò buon Natale
Ti amo baby
Posso vedere un tempo migliore
In cui i nostri sogni saranno realtà.
Hanno macchine grandi come bar
Hanno fiumi d’oro
Ma il vento ti passa dritto attraverso
Non c’è posto per i vecchi.
Quando hai preso la mia mano la prima volta
In una fredda vigilia di Natale
Mi hai promesso
Che Broadway mi stava aspettando.
Eri affascinante
Eri bella
La regina di New York City
Quando la bandà finì di suonare
Tutti urlarono per il bis
Sinatra swingava
E gli ubriachi cantavano
Ci baciammo in un angolo
E ballammo nel cuore della notte.
I ragazzi del coro della polizia di New York
Cantavano “Galway Bay”
E le campane suonavano
Per il giorno di Natale.
Sei un fannullone
Sei una merda
Sei una vecchia puttana tossica
Sdraiata mezza morta su di una macchia sul letto
Sei un rifiuto, sei un verme,
sei un povero frocio
Buon Natale stocazzo
Prego Dio che sia l’ultimo insieme!
Avrei potuto essere qualcuno,
Beh, chiunque avrebbe potuto,
Mi hai portato via i sogni
Quando ti ho incontrato
Li ho tenuti con me, baby
Li ho messi con i miei
Non posso farcela da solo
Ho costruito i miei sogni intorno a te.
I ragazzi del coro della polizia di New York
Cantavano “Galway Bay”
E le campane suonavano
Per il giorno di Natale.



lunedì 17 dicembre 2007

David Rovics e la macchina ammazzafascisti
















Nel '65 un giornalista chiese a Dylan perchè non scrivesse più canzoni di protesta che puntassero il dito contro qualcuno. "Ho finito le dita", rispose.
Sembra assurdo che a più di quarant'anni di distanza ci possa essere qualcuno che ancora scrive folk song di protesta mettendo in musica i propri pensieri sulle ultime notizie, convinto magari di poter cambiare il mondo.
David Rovics non si preoccupa di essere un anacronismo. Sul suo sito trovate canzoni tanto "topical" da essere ordinate per argomento: Afghanistan, Ecologia, El Salvador, Uranio impoverito. Rovics non è postmoderno, probabilmente neanche nostalgico. E' semplicemente, con beata e sfacciata ingenuità, fermo in un tempo lontano nel quale Pete Seeger non aveva ancora preso in mano la scure per tagliare i cavi dell'elettricità, e si accontentava di chiedere un martello per caricare di mazzate tutte le ingiustizie.
Naturalmente Rovics è anche ben disposto a mettere a disposizione gratuitamente le proprie canzoni. Questa è The Draft Is Coming:

La chiamata alle armi sta arrivando

Sta buttando giù la vostra porta

Perciò fate i bagagli, ragazzi e ragazze,

Ce ne andiamo tutti in guerra

Puoi essere il prossimo a morire per la Halliburton

Tira la corda, ammaina la bandiera e chiudi il sipario

Puoi essere il prossimo a premere il grilletto per la Exxon

Guardare le città che bruciano attorno a te mentre sei nella tua postazione

Puoi sparare ai bambini mentre tirano pietre al tuo Humvee

E puoi morire per Kerry o forse per Dick Cheney



MP3 David Rovics - The Draft Is Coming

giovedì 13 dicembre 2007

Ike Turner, il re del ritmo
















La notizia della morte di Ike Turner viene data dal sito del Corriere con il poco generoso titolo: "Morto Ike, il marito violento di Tina Turner". Certamente la vita privata di Izear Luster Turner Junior (questo il suo vero nome) è stata piena di ombre, al punto che nel 1991 non potè presenziare alla propria cerimonia di ammissione nella Rock And Roll Hall Of Fame, in quanto si trovava in prigione per possesso di droga. Nel giorno della sua morte vale però la pena di ricordare anche il suo apporto fondamentale alla musica degli ultimi sessant'anni. E' stato infatti lui, come leader dei Kings of Rhythm il principale artefice di Rocket 88, da molti considerato il primo vero brano rock, uscito nel 1951 come singolo accreditato a Jackie Brenston and his Delta Cats. Il periodo più importante della sua carriera è stato certamente quello dalla fine degli anni 50 ai primi anni 70, durante il quale fece coppia, sul palco e nella vita, con l'esplosiva Tina Turner, dietinguendosi come formidabile bandleader. Dopo i giorni bui della droga, della prigione e delle brucianti rivelazioni di Tina sul suo comportamento violento e vessatorio, Ike aveva provato a rilanciare la propria carriera, riuscendo quest'anno ad aggiudicarsi un Grammy Award per Risin' With The Blues, premiato come miglior album di Blues tradizionale. Il suo prestigioso passato lo aveva portato di recente ad essere anche molto ricercato dalle "nuove leve": guardatelo ad esempio mentre si esibisce con i Gorillaz (arriva dopo tre minuti e mezzo, ma vale la pena di portare pazienza) , ostentando una piena consapevolezza del proporio status di leggenda della musica nera.

Mp3 Jackie Brenston and his Delta Cats - Rocket 88

Video Gorillaz e Ike Turner - Every Planet We Reach Is Dead

mercoledì 12 dicembre 2007

Ascoltando gli Okkervil River a casa durante il Natale
















Il concerto degli Okkervil River di qualche settimana fa al Circolo degli Artisti è stato uno dei migliori del 2007. Grande energia, canzoni solide (molte tratte dal recente album, The Stage Names, una delle cose migliori uscite quest'anno), commovente generosità nel proseguire sgolandosi in versione acustica dopo i ripetuti black out.
Sul loro sito, confermando ancora una volta la propria attitudine verso il pubblico, hanno appena postato uno splendido regalo di Natale ai propri fans, Golden Opportunities. Il disco, disponibile gratuitamente in due formati audio, con artwork e liner notes, è una bella raccolta di otto cover eseguite dal vivo nell'ultimo tour, con in più il brano inedito Listening To Otis Redding At Home During Christmas. Questa è l'intera tracklist:

1. APRIL ANNE (John Phillips)

2. SIMON SMITH AND THE AMAZING DANCING BEAR (Randy Newman)

3. I WANT TO KNOW (Charles F. Olsen/Ed Sanders)

4. DO WHAT YOU GOTTA DO (Jimmy Webb)

5. I CAME HERE TO SAY IM GOING AWAY (Serge Gainsbourg/Trans. by W. Sheff)

6. THE BLONDE IN THE BLEACHERS (Joni Mitchell)

7. ANTARCTICA STARTS HERE (John Cale)

8. LISTENING TO OTIS REDDING AT HOME DURING CHRISTMAS (Will Sheff)

9. SOLO (Sandy Denny)



MP3 Okkervil River - Golden Opportunities

sabato 8 dicembre 2007

Daniele Luttazzi, la censura e il Giulianone
















Decameron
, il nuovo programma di Daniele Luttazzi, è stato sospeso da La7. Il motivo ufficiale è una frase ritenuta "una provocazione alla dignità e all'onore" di Giuliano Ferrara, altro collaboratore dell'emittente.
Questa è la battuta incriminata: "Berlusconi ha avuto il coraggio di dire che lui in fondo era contrario alla guerra in Iraq. Come si fa a sopportare una cosa del genere? Io ho un mio sistema. Penso a Giuliano Ferrara immerso in una vasca da bagno con Berlusconi e Dell'Utri che gli pisciano addosso, Previti che gli caga in bocca e la Santanchè in completo sadomaso che li frusta tutti".
La decisione è stata annunciata da La7 ieri sera, dopo la messa in onda della replica (!) della puntata. I giornalisti del Tg di La7 hanno dichiarato che nella successiva edizione del notiziario è stato impedito loro di raccontare quanto era appena successo.

Ai tempi di Parcondicio mi capitò di pranzare con Vincino. Raccontò che, malgrado la cosa sconvolgesse molti suoi amici "di sinistra", era ben lieto di lavorare per Il Foglio, proprio per la libertà che gli veniva garantita. Disse che se anche vesse raffigurato lo stesso Ferrara in una situazione simile a quella poi immaginata da Luttazzi (non ricordo nel dettaglio l'esempio di Vincino), sarebbe stato sicuro della pubblicazione. Per quanto male si possa parlare del bellicoso conduttore di Otto e mezzo (e ho intenzione di ritornare presto su alcuni dei trucchi retorici di questo personaggio) ritengo pertanto difficile che la censura possa essere partita da lui.

Vale poi la pena infatti ricordare che la frase incriminata era da tempo nel repertorio di Luttazzi, assieme ad altre considerazioni ancora più forti su Ferrara. Ricordo ad esempio quando ipotizzò di ribattezzare "Giulianone" la materia fecale protagonista di certi giochi erotici. Davvero i vertici di La7 non conoscevano questo aspetto della sua comicità?
Quasi sicuramente la battuta "offensiva" è servita come espediente per eliminare un elemento disturbante dal panorama televisivo. Sono stati tirati fuori i soliti discorsi su quello che la satira può o deve fare, discorsi frusti e prevenuti, degni dei "paletti" di Lucia Annunziata.

Decameron era un programma non pienamente riuscito. Ad affossarlo era essenzialmente l'assenza del pubblico in studio, malamente sostituito da risate registrate, spesso inserite nei momenti sbagliati. Poco efficace era anche la recitazione di alcuni degli attori di supporto, spesso totalmente privi dei giusti tempi comici. Nell'ultima puntata si era visto un tentativo di inversione di rotta, con una selezione di gag recitate da altri attori nel preview, seguite da un monologo molto più lungo e complesso del solito stand-up iniziale. Non potremo mai sapere come il programma si sarebbe evoluto nelle settimane successive. Seppur con tutti i suoi difetti, era comunque qualcosa di diverso, una provocazione necessaria, un momento di liberazione dalla banalità.

Per quanto Decameron non fosse la migliore messa in atto possibile del talento del suo ideatore, resta comunque un senso di disgusto di fronte all'ennesima censura ai danni di una voce libera da parte del "Grande pensiero unico" dei media italiani. E' paradossale: in un mondo dove pare indispensabile spacciarsi per opinionisti, non c'è spazio per opinioni che escano dallo schema del risaputo. Non c'è posto per il dubbio, per la sorpresa, per la fantasia. Figuriamoci per il genio.

Luttazzi saprà trovare le parole (e le battute) giuste per contrattaccare e difendere le proprie ragioni. Resta da vedere se avrà ancora la possibilità di farsi sentire da una platea grande come il pubblico della televisione generalista.
Per ora non posso far altro che esprimergli la mia solidarietà.

giovedì 6 dicembre 2007

La domenica, di venerdì


















"E' in questa solitudine prossima al delitto che nascono i pittori e i poeti della domenica".

(Ennio Flaiano, Diario degli errori)

"Generalmente han sguardi buoni
sovente ingenui e un po' da bambinoni
c'è sempre in loro un po' di dramma
a capirli è solo la loro mamma"
(Paolo Conte, Pittori della domenica)

Del vuoto della domenica parla anche Tommaso Labranca sul suo blog, allegando il brano Domeniche senza tramonto. Musica di Fabio Zuffanti, testo di Labranca, ispirato alle memorie di Santa Teresa di Lisieux.

Sul sito dove ho controllato il testo del brano di Paolo Conte, ho trovato anche l'invito a scaricare il ringtone di Pittori della domenica. Riuscite a immaginare qualcosa di simile? In realtà sembra proprio che ci sia la possibilità di avere la suoneria di qualunque canzone contenuta nel database. Volendo, anche di Metal Machine Music.
Buona domenica, qualunque sia il giorno in cui state leggendo.

Gondry e Björk: la dichiarazione di indipendenza
















E' da pochissimo in circolazione il nuovo video realizzato per Björk da Michel Gondry, regista di Se mi lasci ti cancello e L'arte del sogno. Declare Indipendence è la settima collaborazione dei due, e arriva a ben dieci anni dal loro ultimo incontro, lo splendido clip di Bachelorette. Quello che stupisce di questo nuovo lavoro sono i limiti che Gondry si pone, imprigionando l'intera sequenza in un ambiente claustrofobico, nel quale la progressiva liberazione, che si accompagna al ritmo serrato del brano, è data dall'irruzione dei colori e dal montaggio frenetico, con molte inquadrature e pochissimi movimenti di macchina. Alla fine resta la solita sensazione: quando Gondry chiude gli occhi vede un mondo che gli altri non vedono. Ed è tanto gentile da cercare di ricrearlo per le telecamere.

Björk e Gondry - Videografia:

1993 Human Behaviour
1995 Army Of Me
1995 Isobel
1996 Hyperballad
1997 Joga
1997 Bachelorette
2007 Declare Indipendence

Video Björk - Declare Indipendence

mercoledì 5 dicembre 2007

L'albero degli zatteroni: ultime frontiere del Glam
















Hai strappato il tuo vestito. La tua faccia è un casino. Ma siccome sei un ribelle ribelle continui ad amare il Glam.
Gli Scissor Sisters e quel pupazzetto di Mika portano avanti il lato più appariscente e radiofonico della faccenda, raccogliendo bei soldoni lungo la strada. Goldfrapp ha scelto la pista d'una discoteca per far vedere come si fa, e si è meritata per questo pure di essere clonata dalla più recente versione di Kylie Minogue.
Sul palcoscenico dell'indie c'è però qualcuno che prova a far rivivere davvero lo spirito della sacra triade T Rex/David Bowie/Roxy Music, cercando le sintesi possibili tra arte e pop, tra sesso e gioco, tra la lussuria degli arrangiamenti più complessi e la fantastica ottusità del boogie.
Gli Of Montreal dopo anni di gavetta sembrano finalmente essersi meritati le giuste attenzioni, aiutati dai travestimenti (e dagli strip) del frontman Kevin Barnes (nella foto).
David Vandervelde
ha esordito alla grande (ascoltate l'euforica Jacket per verificare), seppure troppo spesso la sua imitazione di Marc Bolan è fin troppo spudorata.
Bobby Conn
nel recente King For A Day si è misurato coi classici, a partire dal tema dell'artista che fa un autodafè della propria megalomania, riuscendo a reggere bene il confronto coi giganti.
White Williams
ha appena pubblicato il suo primo album. Malgrado sul palco ostenti una timidezza davvero fuori luogo in un post come questo, nei pezzi in studio sembra il più pazzo di tutti. Buon segno.

Ecco qualche MP3 messo a disposizione dalle etichette degli artisti in questione:

MP3 David Vandervelde - Jacket
MP3 White Williams - New Violence
MP3 Of Montreal - Heimdalsgate Like A Promethean Curse

Gran finale con un duetto imperdibile dall'epoca d'oro del Glam:

Video Marc Bolan & T-Rex con Elton John - Children Of The Revolution

lunedì 3 dicembre 2007

Bono, il parruccone e la ballata dei fratelli Dalton












Gli U2 celebrano in questi giorni il ventennale di The Joshua Three, riproponendolo in tre nuove ristampe: vinile, deluxe (il cd originale rimasterizzato assieme a uno di bonus tracks) e super deluxe (2 cd più un dvd contenente un Live da Parigi e il documentario Outside America).
All'interno del documentario è possibile riscoprire un'inaspettata zingarata: Bono e i suoi aprirono alcuni concerti del tour dell'87 presentandosi come il gruppo country dei Dalton Brothers. Ecco quindi The Edge completamente vestito in denim, Bono parruccatissimo che camuffa la voce, si attacca alla bottiglia di whiskey e cita i Blues Brothers ("suoniamo due tipi di musica, country e western!") , e soprattutto Adam Clayton nei panni della bassista Betty Dalton.
Una tale pagliacciata, palese parodia della loro fissazione con l'America, fa riflettere su come gli U2 siano stati ben presto consapevoli del lato più ridicolo del proprio eccesso di ego. Malgrado ciò si sarebbero presto imbarcati negli eccessi di Rattle and Hum, generalmente ritenuto un caso di parodia involontaria, un trip nella megalomania talmente grande da imporre la svolta postmoderna dello Zoo TV Tour, culminata in quel vicolo cieco chiamato Pop. Gli U2 sanno di essere spesso dei palloni gonfiati, e a quanto pare già vent'anni fa avevano imparato a ridere delle miserie della propria grandezza. Semplicemente, si rendono conto di non poter sfuggire alla propria natura di profeti della big music. Per quanto possano travestirsi o inventarsi il tour più grande del mondo per cercare di razionalizzare la follia dell'entertainment, inevitabimente si costringono a tornare alla celebrazione del proprio mito, a tutte le cose che non possono lasciarsi alle spalle.

Video U2/The Dalton Brothers - Lucille

venerdì 30 novembre 2007

Il metodo vichingo
















Dopo il post sul perdono di qualche giorno fa, eccone uno finalizzato a ristabilire l'equilibrio cosmico. Di recente Julian Cope, maestro di vita e di Rock 'n' Roll, ha risposto a alcune domande dei lettori di Uncut. Un certo Rik ha tirato in ballo tre nemici storici dell'Arcidruido: Ian McCulloch (cantante degli Echo & The Bunnyman, prima dei quali, ancora adolescente, assieme a Cope e a Pete "Wah!" Wylie aveva ideato i leggendari Crucial Three), David Balfe (che era al suo fianco nei Teardrop Explodes) e Bill Drummond (ex manager, in seguito leader del gruppo situazionista KLF, autore del brano Julian Cope is Dead). Questo è stato l'interessante botta e risposta:
Rik: -Se per assurdo Ian McCulloch, Bill Drummond e David Balfe venissero da te e si scusassero per le cose fatte in passato, potresti perdonare e dimenticare?
Julian Cope: -No, perchè non sono cristiano e non credo nel perdono. Non li perdonerei, ma siccome ho un approccio alla vita profondamente Vichingo, mi piacerebbe avere la possibilità di garrotarli tutti e tre, e procedere alla loro esecuzione sommaria in qualche pantano danese, come sacrificio in onore di Frig o Freya.

Postilla finale: se ingrandite la foto, potete leggere sul maico della chitarra la scritta KOTJMF. Che vuol dire, vi chiederete? Kick out the jams, motherfucker!

Video The Teardrop Explodes - Reward

mercoledì 28 novembre 2007

Priorità











"Usa, gli scienziati scoprono che il Par-4 produce una proteina in grado di attaccare le cellule tumorali e non le sane".
Nel momento in cui scrivo questa bellissima notizia viene data del sito de La Repubblica. Come "spalla". La notizia d'apertura è questa:
"Veltroni: con Udc passi avanti. Cdl, scontro Fini-Berlusconi"

martedì 27 novembre 2007

Un verso, una parola
















Quanta autobiografia c'è nei testi di Bob Dylan?
Il problema, complesso e interessante, è rilevante in relazione a ogni fase del suo percorso artistico. La scelta stilistica degli ultimi tre album, nei quali molti dei versi non sono altro che dottissime citazione di classici del folk e del blues, non fa che complicare la questione. Del resto la vita di Dylan è stata un perenne seguire le tracce della musica che l'ha formato (prestate bene attenzione al monologo conclusivo di Cate Blanchett in I'm Not There), quindi che cosa potrebbe essere per lui più personale del far rivivere i propri miti? I nuovi dischi sono un vero tesoro sia se si va in cerca del riferimento e dell'anacronismo, sia se si aspetta il momento in cui Dylan deraglia e inserisce qualcosa di imprevisto: battute, giochi di parole, pensieri sull'Apocalisse e su Alicia Keys. In Modern Times, uscito nell'estate del 2006, c'è un verso di When The Deal Goes Down che lascia sgomenti per la sua semplicità e la sua potenza. We learn how to live/and then we forgive. Impariamo a vivere e poi perdoniamo. Con l'ausilio della rima baciata Dylan evita il prevedibile paradosso che avrebbe ottenuto concludendo con to forget (impariamo a vivere e poi dimentichiamo), per mirare più in alto, per parlare di perdono. E' un verso che nella sua interpretazione suona sincero in maniera straziante, facendoci capire che certe cose solo un uomo anziano le può cantare e capire con tanta convinzione. Dentro queste parole c'è Dylan in carne e ossa , non solo i suoi sogni, non solo il suo mito.

In visita a casa di un amico, mi fa entrare nella sua camera, che è una sorta di santuario. Ovunque immagini di personalità legate al mondo della religione: Gesù Cristo, santi italiani e santoni indiani (nel mezzo, forse non casualmente, c'è pure Maradona!). Il mio amico mi parla di spiritualità. Io lo ascolto con concentrazione e rispetto, ma proprio non è il mio mondo. Non mi aiuta il fatto che, per motivi vari, sono insolitamente elegante e insolitamente senza scarpe. A un certo punto nel suo discorso compare una parola insolita che scuote la mia attenzione. Mi sta parlando di misericordia. Da quanto tempo non sentivo nessuno pronunciare la parola misericordia?

Video Bob Dylan - When The Deal Goes Down

lunedì 26 novembre 2007

Splash?
















Un uomo entra in un caffè.
Consuma, paga ed esce, senza nemmeno concedersi il tempo di un tuffo nell'umorismo più risaputo.

Fatti di sangue
















A che serve la cronaca nera?
A rinnovare la consapevolezza e la pietà per l'infinito orrore possibile? O, piuttosto, a tramutare le tragedie dell'umanità in quotidiana letteratura, in pezzi di teatro Grand Guignol, per farle apparire ai nostri occhi come nient'altro che storie?
Il Gazzettino di oggi titola "Disabile psichico uccide il padre a colpi di accetta".
Non ho potuto fare a meno di pensare anche che l'assassino ha involontariamente realizzato una perfetta e terribile sintesi tra Delitto e castigo e I fratelli Karamazov.
E' letteratura postmoderna, spiazzante più dei giochi di parole e sangue dell'ultima penna cannibale. La natura reale del fatto, la vera pena delle persone coinvolte, il dolore e lo sgomento, restano come dettagli sullo sfondo. Bisogna concentrarsi per mettere a fuoco delle premesse tanto scomode. Ci vuole coraggio per portarle in primo piano, per poter realizzare, stupefatti, quanto dobbiamo pagare per poter essere spettatori dello show.

sabato 24 novembre 2007

The Avett Brothers e le cose buone che conosciamo
















Escono tanti, tantissimi dischi con lo stesso tipo di musica che suonano The Avett Brothers, un genere che alcuni chiamano Alt-Country, altri Americana, altri ancora No-Depression. Sono dischi raramente inascoltabili, spesso gradevoli, ma ancora più spesso indistinguibili l'uno dall'altro. Gli Avett, che hanno da poco fatto uscire il loro nuovo album, Emotionalism, riescono sorprendentemente a farsi notare. Innanzitutto per la loro capacità compositiva, che sa regalare un hook pop tanto alle ballate quanto ai pezzi più energici (ascoltate, ad esempio, l'handclap in Matrimony). Conquistano poi perchè, nell'ostentare la propria emotività, sono particolarmente onesti e ingenui, al punto di sfidare il ridicolo in canzoni come The Ballad of Love and Hate. Mentre stiracchiano una fragile metafora ben oltre il punto di rottura, riescono però, nel bel mezzo dell'impresa impossibile, a sfiorare per qualche istante la Bellezza. Questa è la mia traduzione del testo:

La ballata di Amore e Odio

Amore scrive una lettera e la spedisce ad Odio

“Le mie vacanze finiscono. Rincaserò tardi.

Il tempo era bello e l’oceano era grande

Non vedo l’ora di rivederti.”

Odio legge la lettera e la butta via

“A nessuno qui interessa se vai o rimani

mi sono a malapena accorto che eri andata via.

Ti vedrò oppure no, che importa.”

Amore canta una canzone mentre attraversa il cielo.

L’acqua sembra più blu attraverso i suoi begli occhi

E tutti lo sanno, sia quando vola

sia quando scende giù.

Odio cammina per la strada a testa alta

Saluta ogni straniero e ogni sbandato

e dà la mano a ogni solitario che incontra

con uno sguardo serio sul viso.

Amore arriva sana e salva, con una valigia,

portando con lei le cose buone che conosciamo.

Una ragione per vivere e una ragione per crescere.

Per fidarsi. Per sperare. Per prendersi cura.

Odio siede da solo sul cofano della sua macchina,

senza molto riguardo delle stelle o della luna,

pigramente scolando il fondo d’una bottiglia

della roba più forte che tu possa bere.

Amore prende un taxi, lo guida un giovane uomo.

Appena la vede, la speranza riempie i suoi occhi,

ma le lacrime la seguono, alla fine della corsa,

perché potrebbe non vederla mai più.

Odio arriva a casa fortunato d’essere ancora vivo.

Sbraita contro il marciapiede e la macchina.

L’orologio in cucina dice 2:55

E l’orologio in cucina è lento.

Amore ha aspettato, paziente gentile,

desiderando solo una telefonata, un qualunque segno

che colui al quale tiene, quel pazzo,

tornasse salvo tra le sue braccia.

Odio si avvicina inciampando e attende sulla porta,

lo stanco capo chino, lo sguardo al pavimento.

Dice “Amore, mi dispiace” e lei dice “Per cosa?

Io sono tua, tutto qui, che importa.

Non sarei dovuta stare via tanto a lungo.

Io sono tua, tutto qui, per sempre.”

Tu sei mio, tutto qui, per sempre.


E queste sono un paio di canzoni da Emotionalism, messe a disposizione dalla Ramseur Records.

MP3 The Avett Brothers - Matrimony
MP3 The Avett Brothers - Will You Return?

venerdì 23 novembre 2007

Si fa quel che si può













Presentato il nuovo simbolo, realizzato da Nicola Storto, designer molisano di 25 anni. Non indica niente. Non dice niente (e che pena quell'avanzo d'Ulivo, messo lì come la palma benedetta inchiodata in cucina un anno intero). Non è un simbolo, è un logo. L'unico suo messaggio pare essere: non abbiamo (più) sogni. Senza visione non c'è politica (vedi "La politica al tramonto", di Mario Tronti, Einaudi 1998), senza parzialità non c'è partito. C'è solo piccola amministrazione. Fine del futuro, inizia l'eterno presente.

giovedì 22 novembre 2007

Mick Jagger dice le parolacce
















Licorice Pizza ha linkato l'mp3 di una curiosa stranezza, mai uscita ufficalmente e per questo molto ricercata dai fan dei Rolling Stones. Nel 1972 gli Stones avevano in programma l'uscita di una raccolta di versioni alternative e rarità, un progetto giunto in fase tanto avanzata da avere un proprio numero di catalogo, copertina e l'assurdo titolo di Necrophilia. Otto brani della tracklist divennero parte del più ragionevolmente titolato Metamorphosis, uscito nel 1975. Andrew's Blues venne invece destinata all'oblio. Non avrebbe potuto essere altrimenti. L'Andrew del titolo è il manager storico degli Stones, Andrew Loog Oldham, del quale vengono descritti dettagliatamente alcuni piacevoli passatempi: "Fucked all night and sucked all night, and tasted that pussy..." Ben presto si trova però a dover fronteggiare la concorrenza di Edward Lewis, grande capo della casa discografica DECCA: "Come on and get that cunt, Sir Edward!" Jagger si lascia poi andare a una gustosa imitazione del proprio manager, rilevando che "The Rolling Stones are a great fuckin' group with a lot of balls", mentre quel pazzo di Phil Spector "is a lot of shit". Più avanti nel testo si ricorda improvvisamente delle buone maniere e manda un ringraziamento a Gene Pitney.
Il pezzo è quello che è, un blues probabilmente in larga parte improvvisato, interessante soprattutto per il gusto infantile con il quale Jagger si diverte con le four letter words.
Ascoltatelo voi stessi.

MP3 The Rolling Stones - Andrew's Blues

Ad esempio c'è una mia amica che odia i ragni
















Ho trovato questo interessante test di ingenua sociologia nel sito superdickery.com, una vera miniera di curiosità dal mondo dei comics americani. Non è specificato nè su quale albo sia stato pubblicato, nè in quale anno. Entriamo un poco nel dettaglio. Viene chiesto (in quello che, dalla A iniziale, possiamo ritenere solo il primo di una serie di quesiti) di esprimere il proprio grado di apprezzamento per una serie molto eterogenea di item. Le possibili risposte, con dispendioso impiego di punti esclamativi, sono: "Ugh! Non mi piace", "Um! Mi piace!", "Così-così! Tiepido", "Non ne penso niente! Vuoto".
Questo è invece l'elenco degli item sottoposti a giudizio:
  • Alligatori
  • Battisti
  • Cavolo
  • Cattolici
  • Polizieschi
  • Stranieri
  • Indiani
  • Ebrei
  • Musica da capelloni
  • Negri
  • Ragni
A pensarci bene, l'espressione più inquietante è "Musica da capelloni", che data inevitabilmente il test non ai bui anni trenta, ma perlomeno alla metà degli anni sessanta, ai giorni immediatamente seguenti alla British invasion e alla Beatlemania. A quarant'anni di distanza è naturale trovare ridicola una tanto sfacciata ostentazione di intolleranza, per di più resa surreale da alcune presenze incongruenti. Qualche sera fa mi sono però trovato a discutere con un mio coetaneo accanito sostenitore della teoria del complotto sionista. Proprio ieri, una mia allieva di tredici anni, in una scheggia di conversazione originatasi da alcune considerazioni sull'Otello, ammetteva invece candidamente di trovare sgradevoli le coppie miste. Dite un po', sinceramente, vi piacciono gli alligatori?

mercoledì 21 novembre 2007

Uno, due, tre, Distortion
















Il 15 Gennaio uscirà il nuovo album dei Magnetic Fields, Distortion. Finalmente scopriremo se Stephin Merritt ha trovato il coraggio di affrontare il meraviglioso gigante da lui creato nel 1999, le tre ore di dissertazioni sul pop e sull'amore di 69 Love Songs. Dopo quel triplo capolavoro, tutti i suoi progetti sono sembrati delle fughe dalla responsabilità, in particolare i, il più recente album dei Magnetic Fields, , che, a partire dalla grafica, appariva come una piccola postilla al suo predecessore (un po' come per Prince era stato Lovesexy , venuto subito dopo l'enorme Sign 'O' the Times). In questi anni Merritt ha fatto di tutto, scrivendo per il teatro (Showtunes) e per il cinema (Eban & Charlie e Pieces of April) fino a un recente esperimento che lo ha visto comporre una canzone, Man of a Million Faces, partendo da una fotografia (la foto che accompagna questo post) e avendo a disposizione 48 ore da passare sotto allo sguardo delle telecamere, in una sorta di reality show del processo creativo. Questa strana impresa ci ha permesso tra l'altro di scoprire qualche dettaglio sul suo modo di lavorare. A quanto pare Merritt per trovare l'ispirazione ha bisogno del chiasso di qualche bar. Una volta arrivata l'idea giusta, segue il "metodo Abba": si rifiuta di appuntarsi la melodia appena inventata, convinto che valga la pena lavorare solo su temi facilmente ricordabili. Tornando a Distortion, che cosa ci propone come antipasto del suo nuovo disco uno dei migliori autori di testi in circolazione? Un brano strumentale, se si eccettua l'euforica ripetizione del titolo. La bella sorpresa di Three-Way è la chitarra surf, affogata in un muro del suono in stile Phil Spector, molto distante dagli ambienti spogli nei quali vivevano molti personaggi di 69 Love Songs.
Postilla: ho appena realizzato come mai Three-Way possa suonarmi così familiare. La sigla di Futurama!

MP3 The Magnetic Fields - Three-Way
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