martedì 2 marzo 2010

Sempre avvelenato – Intervista al Pan del Diavolo
























Il Pan del Diavolo arriva dalla Sicilia e sa di veleno e rock and roll. Pietro Alessandro Alosi scrive canzoni che tendono un filo (più come trappola che per scherzo) tra mondo quotidiano e surreale. Pesca parole come immagini di un sogno, e le urla su canzoni svelte e scorticate, come da titolo. Magro rock, country di scheletri, roba da busker della laguna nera. Ci si possono sentire dentro i Violent Femmes, Screamin' Jay Hawkins, Buscaglione, Clem Sacco o Rino Gaetano, ma la cosa migliore è smettere per un poco il gioco delle somiglianze, e godersi un nuovo talento della musica italiana. Il Pan del Diavolo, dopo un ottimo EP omonimo uscito nel 2009, ha pubblicato all'inizio di quest'anno il primo album, Sono all'osso (Tempesta), prodotto da un “gibsoniano” come Fabio Rizzo dei Waines. Sono all'osso è un disco che brucia come zolfo (“puzza e danna”), breve e intenso, pieno di canzoni da ricordare, dalla storia notturna di Centauro allo sfogo di Università, assieme ad una Bomba nel cuore confezionata con gli Zen Circus. Abbiamo contattato Pietro Alessandro per scoprire la storia del Pan del Diavolo e per parlare assieme di questo nuovo disco.

Paolo Bassotti – A che età ti sei appassionato alla musica? Da chi hai imparato a suonare?

Pietro Alessandro Alosi – Mi sono appassionato alla musica fin da piccolo, da quando mia madre ascoltava le cassette dei Beach Boys in macchina. Mi ricordo poi che dopo la scuola – andavo alle elementari – mi inventavo delle canzoni con parole inesistenti e potevo andare avanti per ore. Infine silenzio sino ai 15 anni, quando ho cominciato a suonare la batteria. A diciassette anni ho preso la chitarra in mano e da allora scrivo canzoni di ogni tipo. Nessuno mi ha mai insegnato a suonare per bene uno strumento ed infatti non sono molto bravo!

Come è nato il Pan del Diavolo? Quali musicisti hanno fatto parte della formazione, dal vivo o in studio?

Il Pan del Diavolo è nato dopo una mia esperienza pseudo discografica, indegnamente fallita per colpa di un produttore che distrusse completamente la mia musica. Dall'estate 2005 ho cominciato a lavorare da solo a cercare dentro di me quale fosse la mia musica, la mia direzione musicale, così scrissi alcuni brani che considero tuttora fondamentali per la mia scrittura. Al momento giusto incontrai Alessio Fabra. Alessio è rimasto in formazione fino a Dicembre del 2008, il momento in cui stavamo registrando il primo Ep (quello di Coltiverò l'ortica e I fiori). Il primo assistente di studio al Cave di Catania era proprio Gianluca Bartolo: cambio di testimone. Adesso siamo una squadra, lavoriamo tutti insieme solo per il bene dei brani .

Una delle canzoni dell'EP che ha preceduto l'album si intitola proprio Il Pan del Diavolo. È stata la canzone a dare il nome alla band o viceversa?

Usavo già questo nome per una formazione di stampo garage di mia invenzione (l'antenato dell'attuale Pan del Diavolo). La canzone invece racconta delle mie disavventure notturne dalle quali infine arrivò a liberarmi il Pan del Diavolo. Considero questo nome come il mio alter ego musicale.

Il vostro EP era composto da quattro pezzi fenomenali, come mai hai deciso di non utilizzarne neanche uno in Sono all'osso?

[Clicca qui per continuare a leggere l'intervista di Paolo Bassotti a Pietro Alessandro Alosi del Pan del Diavolo, su Gibson.com]

Immagine: © 2009 blockdesign.it

Video - Il Pan del Diavolo - Coltiverò l'ortica

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