domenica 14 marzo 2010

Più forte della morte – American VI, le ultime canzoni di Johnny Cash




















American VI – Ain't No Grave
, raccoglie le ultime registrazioni di Johnny Cash, cantate con lo sguardo alla morte. Che poi non è morte, perché Johnny è più vivo di quanto possa dire un nuovo disco postumo: “Cash è la stella polare, ci puoi fissare la rotta,” fu il necrologio che gli dedicò Dylan, e la stella polare non scompare certo per un po' di nubi. Inoltre, mentre fissava la morte negli occhi, l'Uomo in nero non pensava alla fine, ma guardava piuttosto l'infinito. Pensava a Dio, con invincibile fede. June Carter era morta il 15 Marzo del 2003. June, l'amore e il senso di una vita, la casa alla quale tornare. Non c'è canzone degli ultimi 35 anni di Johnny che non si possa immaginare come rivolta in qualche modo a lei, come a dirle “sono qui, questo sono io. Sono salvo per te, grazie a te.” Dopo June, Johnny cantò, perché il canto per lui era vita e preghiera. Gli rimanevano pochi giorni, prima di raggiungerla, il 13 Settembre dello stesso anno. Rick Rubin continuò a registrare, come aveva cominciato a fare dal '94, per quel primo disco di American Recordings che risollevò e riportò al pubblico l’artista dell’Arkansas. Fu l’ennesimo grande ritorno di una carriera lunghissima. Johnny all’epoca pareva artisticamente finito, dopo essere stato lasciato a terra prima dalla sua etichetta storica, la Columbia, e poi dalla Mercury (che secondo Cash stampò solo 500 copie del suo album flop del '91, The Mistery of Life). Le registrazioni per Rubin consentirono a Johnny Cash un finale degno di un'esistenza straordinaria, complessa e piena di lati oscuri (tanto che un film biografico come Walk The Line, del 2005, per quanto volenteroso, è riuscito a malapena a sfiorare la verità, senza entrare nel cuore del mistero). Gli elementi chiave del lavoro di Rubin sono stati l'idea di mettere al centro di tutto il carisma e la storia di Cash, la produzione scarna, al servizio della voce fiera e solenne dell'anziano artista, e la scelta di includere nel repertorio brani inaspettati. Abbiamo dunque ascoltato Johnny alle prese con il repertorio dei Soundgarden (Rusty Cage), dei Depeche Mode (Personal Jesus) e persino dei Nine Inch Nails, in una Hurt resa ancora più...

[Clicca qui per continuare a leggere l'articolo di Paolo Bassotti su Gibson.com]

Video - Johnny Cash - Folsom Prison Blues

2 commenti:

Maurizio Pratelli ha detto...

bellissimo. ancora commmovente

Paolo Bassotti ha detto...

Il canto di Cash sembrava un'espressione diretta delle sue emozioni. Ad esempio, ascoltarlo nei Personal Files che sono usciti qualche anno fa dà l'impressione di scrutare nei suoi pensieri. In queste ultime registrazioni il pensiero è rivolto inevitabilmente alla morte: tutto quel che sente, tutto quel che vede, ci si para davanti agli occhi in maniera commovente, quasi insostenibile.

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