mercoledì 8 ottobre 2008

Intervista a David Vandervelde - Il nuovo numero di SentireAscoltare

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Il Pdf del numero 48 di SentireAscoltare è disponibile gratis per tutti. A pagina 16 (pagina 9 del file) trovate un mio pezzo su David Vandervelde, con tanto di intervista al giovane e nostalgico tuttofare di Chicago. Eccolo qui:

David Vandervelde: una musica in testa, aspettando l'alba

di Paolo Bassotti

Qualche anno fa andava di moda parlare di guilty pleasures. L’artista di turno, spesso sollecitato da un intervistatore malizioso, faceva coming out. Ammetteva, nella propria immacolata collezione di dischi, accanto ai bootleg degli Stooges e ai vinili dei Kraftwerk, la presenza di album tanto godibili e irrinunciabili quanto imbarazzanti e fuori moda. I nomi più ricorrenti del mondo dei piaceri proibiti erano le stelle del MOR, del rock per adulti degli anni settanta. Oggi s’è finalmente capito che non c’è nulla da vergognarsi ad amare Hall & Oates e i Wings, e che, seppure certi dischi erano la negazione dello spirito giovane e selvaggio del rock, offrivano esempi splendidi di altri aspetti fondamentali della musica leggera: la scrittura e la produzione della forma canzone. Quale sfizio potrebbe al giorno d’oggi sembrar peccaminoso? Stephin Merritt dei Magnetic Fields si fa da tempo paladino degli Abba quanto dei Jesus And Mary Chain, Dennis Wilson viene finalmente ristampato a dovere, e gli svedesi di etichette come la Labrador dispensano delicatezze con la sicura grazia di chi pare avere reinventato il sole (seppure in una versione un po’ sbiadita).

Una delle belle sorprese della prima parte del 2008 è stato Here’s To Being Here l’album di Jason Collett, nel quale abbiamo trovato un ex membro dei Broken Social Scene, splendidi sabotatori delle forme canoniche, alle prese col revival del lato morbido della West Coast.

Ancor più sorprendente è stato vederlo superato nell’impresa da David Vandervelde, giovane musicista di Chicago, che torna con un lavoro che pare voler gridare al mondo: “Ammettetelo! Quando ascoltate Deja Vu, è per Teach Your Children e Our House più che per Carry On e Almost Cut My Hair!”

Ci si stupisce di questo nuovo Vandervelde perché col suo esordio, The Moonstation House Band, del 2007, sembrava inserirsi nel filone del nuovo glam, accanto a Bobby Cohn, White Williams e ai nuovi Of Montreal. Lo faceva sfoderando perfette riproduzioni del sound dei T Rex, impressionanti soprattutto nella riproposta di certi vezzi vocali. Chi l’avrebbe mai detto che Vandervelde portava nel cuore più Tony Visconti che Marc Bolan? In Waiting For The Sunrise, appena uscito, ha affinato la sua abilità in cabina di regia, e l’ha messa al servizio di suoni molto più americani, caldi e maturi. Nella breve intervista che ci ha concesso ha confermato i nostri sospetti sulle sue influenze come produttore:

Sono un grande fan di Lindsey Buckingham e sono stato influenzato dal suo lavoro con e senza i Fleetwood Mac. Sono anche un grande appassionato di Jeff Lynne (Mente degli ELO e produttore per George Harrison e Tom Petty, N.d.G.).

Continuando il discorso, sbuca fuori a un certo punto anche un nome più sorprendente:

La produzione è divertente. Vorrei continuare a produrre i miei dischi. Mi piacerebbe anche fare un disco di R&B con R. Kelly, eliminando tutta quella merda computerizzata e l’auto tune… fargli fare un disco vero con buoni musicisti. Io sono un suo fan, lui è un re dell’R&B, ma la produzione nell’R&B continua a peggiorare. Non è più vera.

Nessun guilty pleasure neanche in questo caso, Kelly è un nome ormai stabile nel Pantheon dell’Indie. Will Oldham/Bonnie Prince Billy ha appena registrato una cover di The World Greatest – grande canzone, seppur sovraccarica di pathos – e anche Beck da anni si professa fan del controverso divo dell’R’n’B, spesso geniale, spesso ridicolo (capace di essere entrambe le cose nel sublime e assurdo melodramma di Trapped In The Closet).

L’intervista era partita dai Lickedy Splitz, il gruppo che l’accompagna dal vivo e che l’ha aiutato nella realizzazione di questo nuovo disco:

Le canzoni che stavo scrivendo per il disco hanno preso vita in una nuova forma mentre le registravo in studio con la band. C’è una sorta di sensazione magica e inspiegabile che avverto quando una o più persone imparano le mie canzoni e le suoniamo insieme.[…]Il primo disco è pieno di variazioni di frequenza del nastro analogico, voci raddoppiate e tutti gli altri trucchi… ed è stato fatto cinque anni fa. Waiting For The Sunrise è di sicuro molto più diretto, e di certo io sono cambiato molto in cinque anni.

La diversa gestazione di Waiting For The Sunrise ha cambiato anche il suo modo di esibirsi:

Visto che queste canzoni nuove hanno su disco un’impostazione molto live, dal vivo sembrano spesso abbastanza simili. Comunque cerchiamo di lasciare che in concerto le canzoni divengano come vogliono, senza impazzire cercando di farle uguali alla loro versione in studio. Dal vivo è sempre tutto più rumoroso.


Mp3 David Vandervelde - I Will Be Fine

Link SentireAscoltare - Numero 48

Video David Vandervelde - Jacket

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