mercoledì 7 ottobre 2009

Gimme some truth! Intervista agli Zen Circus (Seconda parte)

http://www.gibson.com/Files/AllAccess/2009/Feature-Images/Language/Zen-Circus2.jpg


Ora come ora ho una grande paura di morire, quindi voglio fare fare fare, fino a farmi male.”

Continua la chiacchierata con Appino degli Zen Circus. Stavolta si parla del meglio del rock del Paese Reale, di collaborazioni frettolose e non, e di come le proprie storie – e i propri amici, più o meno turbolenti – entrino talvolta nelle canzoni.


Paolo Bassotti: Alcune storie sono tanto vivide da parere autobiografiche! Penso a L'egoista o a Amico mio, ad esempio.

Appino: Lo sono infatti, non tutte ma molte. Quelle due in particolare, insieme a Figlio di Puttana e Vent'Anni in Villa Inferno.


Parlando di Amico mio, mi pare che ti colpisca molto il problema di come si possa crescere e invecchiare senza smettere di sognare, senza diventare come chi un tempo si odiava. Come ti immagini tra dieci anni?

Ah beh non ne ho la più pallida idea. Spero solo sano; le malattie sono orribili.

Chi non ha un amico che ha deciso di mettere la testa a posto? Ammesso che non lo abbiate fatto anche voi. Io sinceramente credo proprio di non averlo fatto, e non me ne faccio assolutamente un vanto. Ma così come non avere una macchina a trentuno anni, avere mezzi denti cariati e problemi a mesi alterni a comprarmi le sigarette provoca ilarità in molti miei coetanei, così mi diverto anche io a vedere come molti di quelli che han fatto le cose a modo – ripudiando o abbandonando tutto quello che prima ritenevano giusto e bello – si sono poi ritrovati in situazioni grottesche o ancora peggio, in una sorta di replay degli errori dei loro genitori. Ognuno ha il diritto di fare cosa gli pare, ma l'amaro resta. L'amaro di perdere cervelli validi per colpa di convenzioni futili. E si torna al punto di partenza, là dove il 99% dei nostri problemi ha avuto origine: il nucleo familiare inteso come centro assoluto dei rapporti umani. E di nuovo, lo vedi da te, la religione. E' un cane che si morde la coda...


Veniamo alle collaborazioni. Come è nata quella con Nada? È interessante il fatto che Vuoti a perdere non sia un duetto, che lei sia la voce solista per l'intera canzone.

Così doveva essere. È un'altra storia autobiografica, ma c'era bisogno di una voce femminile perché lo fosse davvero. Siamo fan di Nada – oltre al fatto che lei è livornese di origine e noi pisani, quindi è un po' come aver superato delle barriere razziali – e nel nostro primo disco in Italiano volevamo assolutamente che ci fosse qualcuno che la musica Italiana l'ha vissuta ai tempi d'oro, gli anni sessanta e settanta. Chi meglio di lei?


[Clicca qui per leggere la seconda parte dell'intervista di Paolo Bassotti ad Appino degli Zen Circus su Gibson.com. Per leggere la prima parte clicca qui]


(Le fotografie nell'articolo sono di Ilaria Magliocchetti)


The Zen Circus – Canzone di Natale


The Zen Circus – I baNbini sono pazzi

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