The Hazards Of Love non è un disco qualsiasi. Gli americani Decemberists, celebri per la propria passione per il linguaggio aulico e per le possibilità narrative della forma canzone, hanno realizzato un sentito omaggio al folk e al metal britannico: una storia di desiderio, magia e morte, raccontata in un ciclo di diciassette brani. Si sono forse montati la testa?
Margaret, cavalcando nella foresta, si imbatte in un cerbiatto ferito. Soccorre l’animale, che di notte si trasforma in un uomo. È William, il figlio adottivo della Regina della Foresta. Margaret e William si innamorano, ma la Regina concede a suo figlio solo una notte da trascorrere con la fanciulla. Un crudele Libertino, già assassino dei propri tre figli, rapisce Margaret, e la conduce oltre il fiume Annan, grazie all’aiuto della Regina.
William riesce a superare le acque solo promettendo al fiume di consegnargli il proprio corpo al ritorno. Riesce così a ricongiungersi con Margaret, mentre il rapitore viene perseguitato dai fantasmi dei figli. Tornati al fiume, Margaret decide di condividere il destino di William; i due si sposano affogando, con le onde come testimoni di nozze, promettendo di continuare ad amarsi come fantasmi nell’acqua.
Questa è, a grandi linee, la vicenda raccontata dalle diciassette canzoni di The Hazards Of Love, il nuovo album dei Decemberists, arrivato al quattordicesimo posto della classifica americana. Da quando un album di rock alternativo ha bisogno di una sinossi? Risuona, un po’ inquietante, la parola prog! Eppure questa nuova mossa non è affatto sorprendente, se si pensa alla storia dei Decemberists.
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